domenica 27 febbraio 2011

NOI CI SIAMO!

NOI CI SIAMO!
La LEGA dei Ticinesi presenta 3 validi candidati per difendere gli interessi del Gambarogno in quel di Bellinzona.
Lelia Lüscher, Ivan Sargenti e l’uscente Cleto Ferrari si presentano quali candidati per un seggio nel Gran Consiglio ticinese. Il compito dei nostri impavidi ,qual’ora fossero eletti , non sarà solo quello di discutere delle varie tematiche che interessano  Il Ticino; ma anche far sentire una voce di questo Gambarogno, sempre più dimenticato, il cui unico scopo per il Cantone sembra essere quello di fornire una discarica e di inalare i fumi sempre più  impellenti dei gas di scarico …. Ma Gambarognesi … siamo di più.. . lasciatecelo dimostrare.
Sabrina Fiala Presidente Gruppo Lega dei Ticinesi del Gambarogno

lunedì 21 febbraio 2011


Gheddafi può macellare. Col beneplacito dell’Ue (Italia in primis)

21/02/2011
Sembra di rivedere lo stesso film, ma non ci si annoia mai. I moralisti di mezzo mondo, sempre pronti a calare lezioni di etica e morale alla Svizzera, tacciono imbarazzati mentre il loro satrapo di riferimento in Nord Africa reprime nel sangue le ribellioni popolari. E mentre le loro aziende vendono armi a mezzo mondo.
Eccoli qui quelli che, dall’alto dei loro scranni, pontificano di diritti umani, pace, democrazia. Che accusano un intero popolo, quello svizzero, di essere xenofobo e razzista se mette al bando i minareti dopo una democratica votazione popolare, o espelle spacciatori di droga stranieri, immigrati illegalmente nel nostro Paese. Eccoli qui quelli che hanno non il coraggio, ma la temerarietà di chiamare a rapporto la Svizzera ogni qualvolta i suoi cittadini prendono decisioni che non piacciono agli ipocriti di turno. Eccoli qui quelli che si scandalizzano se un cittadino Ue porta soldi nel nostro Paese, ma vendono armi a tutti gli aguzzini della Terra.
Apprendiamo oggi che la crisi economica non ha toccato il mercato mondiale delle armi: lo stima l'istituto internazionale di Stoccolma per le ricerche sulla pace nel suo rapporto annuale sulle aziende leader nel settore. Stati Uniti ed Ue la fanno da padrone, conquistando oltre il 90% del mercato mondiale, rispettivamente con 247 e 120 miliardi di dollari.
Delle 33 aziende europee, tra le prime 100 al mondo, 26 sono dislocate in Francia, Germania, Italia e Gran Bretagna. Proprio i coglioni che si scandalizzano se i loro cittadini depositano denaro in Svizzera, ma foraggiano opere di bene altamente civili e morali, come le guerre.
E per quanto riguarda quello che sta capitando in queste ore in Libia, zitti. Muti. Senza parole, ora che il loro amichetto Gheddafi fa reprimere nel sangue le rivolte, applaudite solo quando si verificano in Paesi in cui loro hanno qualcosa da ridire.
Circa 300 morti in varie regioni della Libia cosa volete siano mai, davanti a succulenti contratti con Tripoli? Germania e Francia si sono limitate a qualche parola di circostanza. Ma tutti gli altri hanno perso il dono della parola. I più falsi e ipocriti del gruppo, attualmente, sono forse britannici e italiani (questi ultimi, del resto, una costante storica in fatto di alleanze tradite e doppiogiochismo).
Dal momento che, con il satrapo botulinato di Tripoli, stanno intessendo da anni affari d’oro, hanno deciso che in Libia è meglio non mettere becco. Il mondo dimenticherà, come ha dimenticato piazza Tienanmen, a Pechino.
Un paio di anni fa, il governo di Sua Maestà ha ridato la libertà al responsabile libico dell’attentato di Lockerbie, quando un Boeing 747 americano esplose in volo in Scozia, dopo la detonazione di un esplosivo. Nel disastro aereo morirono 270 persone. La responsabilità di Gheddafi è stata accertata nel corso degli anni, in modo inconfutabile. Ma gli affari sono affari… Dal momento che c’erano e ci sono in ballo succulenti contratti in materia energetica, l’esecutivo britannico ha deciso di dimenticare questa faccenda da niente, ha firmato qualche contratto e ha restituito alla Libia il responsabile della morte di 270 persone.
L’Italia, poi, che in Libia ha commesso atrocità durante la seconda guerra mondiale, prontamente perdonategli dal pagliaccio sanguinario di Tripoli, ha deciso il silenzio più assordate, visto che è il Paese europeo con i maggiori rapporti economico commerciali con i cugini beduini.
Ieri sera, il Tg della gloriosa Rsi ha dato notizia , quasi con altrettanta enfasi, delle ribellioni in Libia, e di proteste in Iran. 300 morti contro uno. La stessa, cosa no?
E che dire, poi, della “breve”, relegata in fondo al Tg, sulle rivolte in Cina? Qualcosina come 100 arresti e un numero imprecisato di feriti, ma cosa volete sia mai. La Cina ormai è la potenza nascente, quella con cui, anche la Svizzera, intesse affari d’oro.
La storia, insomma, si ripete. Però non si vede perché mai il nostro Paese debba sempre accettare tutti i ricatti di questo mondo, chinare la testa di fronte agli abbai degli Usa (ad esempio sui sorvoli americani in territorio svizzero con a bordo cittadini rapiti) o i ringhi dell’Ue (ad esempio sul segreto bancario) e non debba mai reagire con fermezza.
Perché la Real Politik deve essere praticata solo dagli altri , e non dalla Svizzera?
Berna ha svariate carte in mano da giocare per farsi rispettare. Dalla rimessa in discussione di trattati come Schengen, ai Bilaterali (ovviamente dopo aver ricoinvolto il popolo), dalla cancellazione delle imposizioni dettate dall’Ocse alla costruzione di un muro lungo il confine con l’Italia per far fronte all’ondata di immigrati dal Nord Africa che ci sommergerà, non è necessario essere simpatici al mondo. Ma è necessario farsi rispettare.
Boutade? Niente affatto. Un piccolo aneddoto. Ricordate quando i germanici, pochi anni fa, presero a controllare minuziosamente le auto al confine, provocando colonne spaventose, per giorni, proprio per fare pressioni sulla Svizzera? E perché mai, certe decisioni, possono adottarle solo gli altri?
Davanti alle proteste della comunità internazionale basterà ricordare le ipocrisie e la falsità degli altri. E seppellirle in un mare di risate.
cg

Parco Adula Intervento 21 02 11 (R. 6421) per il gruppo LEGA dei Ticinesi

Parco Adula Intervento 21 02 11 (R. 6421) per il gruppo LEGA dei Ticinesi


In questo rapporto ci sono due aspetti di rilevanza politica poco approfonditi e, se considerati, ci portano ad una chiara ed unica conclusione.

Il primo aspetto emerge dalla
scelta di fondo.
Se di principio possiamo ritenere che la creazione di un parco possa rappresentare un’opportunità di sviluppo per una regione, va data attenzione alla scelta del tipo di parco, in quanto la Legge mette a disposizione tipologie con accenti molto differenziati.  In questo caso specifico va pertanto soppesato attentamente quale tipo di parco di valenza nazionale sia il migliore per la valle di Blenio, quale sposi meglio il comprensorio, la sua realtà, la sua cultura, la sua storia, la gente che vi opera.

La Legge che regolamenta i parchi ha preso contorni definiti nel 2005. Questa legge ora prevede tre tipi di parchi d’importanza nazionale, di cui due possono rientrare nella realtà ticinese:
    Il tipo Nazionale costituito da vasti territori a carattere essenzialmente naturale e che persegue tre obiettivi principali: la protezione degli ecosistemi, i quali devono evolversi liberamente; l’offerta di spazi ricreativi e di possibilità educative alla popolazione; la promozione di ricerche scientifiche sulla fauna e sulla flora indigene nonché sui processi naturali;

    Il tipo naturale regionale, che comprende vasti territori rurali degni di nota e abitati dall’uomo. Esso contribuisce concretamente  alla creazione di condizioni favorevoli allo sviluppo sostenibile, all’educazione ambientale, alla scoperta del patrimonio naturale e culturale, come pure alla promozione di tecnologie innovative e rispettose dell’ambiente;

Per quanto riguarda il lato ticinese del Parco Adula, il comprensorio toccato è quello della Valle di Blenio. Per chi conosce la realtà della valle di Blenio, dalle definizioni appena citate risulta chiaro che questa regione, se dovesse ritenere necessario istituire un parco, questa regione sposa per mentalità di chi vi vive e per situazione reale che si riscontra, solo e solamente un parco di valenza nazionale del tipo naturale regionale. È una Valle che conta ancora il 26% della popolazione attiva nel primario ed esegue una marcata gestione del territorio che unita ai nuclei abitati crea un paesaggio sicuramente degno di nota. Grazie a queste caratteristiche sempre più rare, gestione di qualità del territorio e architettura tradizionale, questa è una regione che se nel tempo riuscirà a tramandare questi aspetti concorrenziali, potrà godere di grande attrattiva. Se valutiamo da questo punto di vista i territori che le altre tre regioni coinvolte nel progetto Adula mettono a disposizione non esiste paragone con la parte ticinese.

Alcuni studi a livello nazionale hanno evidenziato che l’attuale parco nazionale dell’Engadina che esiste da ben cento anni ha portato ricadute economiche in particolare in quanto nella regione ci sono già importanti infrastrutture d’accoglienza. Nel progetto parco Adula le infrastrutture d’accoglienza si situano ai margini delle regioni della Surselva e non da noi.

A ulteriore completazione del messaggio e del rapporto, sempre in merito alla scelta di fondo, è importante segnalare che il progetto di creare il parco nazionale Adula è nato nel 2000 a seguito di un concorso di Pronatura che metteva sul tavolo ricchi premi. A quel concorso aderirono sei o sette regioni della svizzera. Oggi resta in gara solo il Ticino con il progetto Parco Adula e forse anche con il progetto Parco del locarnese.
Nel frattempo a livello nazionale sono stati riconosciuti altri tre parchi di valenza nazionale del tipo naturali regionali, e si sono candidati, accanto al progetto Adula, l’unico del tipo  nazionale, ben altri 14 del tipo regionali naturali. Forse dovremmo imparare qualcosa anche dal resto della svizzera che quando si tratta di fare i propri affari è molto brava.

Bisogna anche segnalare che il progetto parco Adula logicamente, per natura, non riscontra particolare sostegno dalla gente della valle e nel 2009 quando i Municipi sono stati chiamati ad una prima decisione, è stato salvato da uno stato quasi agonizzante, tramite una lettera del Vicedirettore del BAFU (UFAM). Lettera che merita un premio per le particolari doti artistiche nel menar il can per l’aia. Fa sorridere come un progetto di squisita valenza territoriale che lo si vorrebbe spinto dal basso, si giochi su cavilli giuridici e interpretazioni d’ordinanze e metta in secondo piano la chiarissima, univoca volontà del legislatore che si evince dalle citate definizioni dei tipi di parco proposti.
 
Sembrerebbe che questo progetto sia più voluto dal BAFU e da Uffici cantonali, che dalla gente della Valle di Blenio, la quale per storia anche loro sono artisti ma nel gestire il territorio, nel creare prodotti unici, nel creare biodiversità attraverso il lavoro con la natura, e ai tempi dell’emigrazione sono stati tra  i migliori artigiani nelle principali città d’Europa assieme ad altri artisti ticinesi  provenienti da altre valli.  Questa ricca storia e chi la raccoglie in eredità chiaramente non sposa la mentalità del parco di tipo nazionale in cui vige prioritariamente il tutelare e proteggere e dove l’uomo sembra solo una presenza scomoda e negativa nei confronti della natura.

In questo contesto approvando questo credito corriamo il rischio di fare perdere tempo alla Valle di Blenio! Non gettiamo alle ortiche altri 5 anni  e mezzi pubblici per arrivare poi al momento della votazione a dover riconoscere quello che di fatto si poteva capire già dieci anni fa, ossia che se riteniamo di fare un parco di valenza nazionale in Valle di Blenio l’unico condivisibile è quello del tipo naturale regionale.

Il secondo aspetto di valenza politica di questo credito che non emerge nella trattazione è legato ai rapporti del Cantone con Berna.
Da Berna riceviamo dai soliti Uffici troppi segnali negativi e mortificanti per la nostra cultura, per la nostra storia e per le nostre autorità. Pensiamo al tema rustici. Pensiamo al no attuale alla sistemazione della strada a scopo agricolo di Leontica dove per poter accedere ai sussidi federali, ora spunta anche la richiesta di risanare gli “abusi” sui rustici. Questa potrebbe essere un’avvisaglia del  tormentone che ci trascineremmo per anni nel caso in cui il PUC-PEIP dovesse essere “magnanimamente accolto” da Berna ritirando il ricorso. Pensiamo poi ai vincoli e ritardi che sta subendo il progetto di risistemazione del centro di sci nordico di Campra.
Un aneddoto da solo la dice lunga.  È indelebile l’arroganza e baldanza del BAFU nei confronti dei ticinesi quando alcuni anni fa per un solo centimetro di corna di camoscio concesso dal CdS, immediatamente e senza farsi troppi problemi il BAFU mise in ginocchio il CdS minacciando di tagliare tre milioni di sussidi alle foreste.
Sempre in tema parchi, sul Piano di Magadino, con l’appoggio d’Uffici dell’amministrazione cantonale, si stanno allungando i tentacoli del BAFU volti a prenderci anche questo pregiato territorio.

Sarebbe tempo di ristabilire rispettosi equilibri e una mentalità sana nei confronti della natura e rispettosa delle nostre origini.  
Questo degenerato aspetto relazionale con l’amministrazione federale, se abbiamo ancora un po’ d’orgoglio, ci dovrebbe indurre a dire di accantonare il progetto parco Adula e altri progetti simili che promuovono sterili divieti, che sono più un sintomo d’involuzione delle capacità artigianali umane che di progresso.

Per gli aspetti qui sollevati che non fanno altro che dimostrare una scelta di fondo sbagliata del tipo di parco, che stride con la realtà censita in Valle di Blenio e per portare a miti consigli i nostri autoproclamati tutori di Berna, siamo del parere che la Valle di Blenio sposi, semmai promosso, un Parco di valenza nazionale del tipo naturale regionale in cui si rimetta al centro del progetto l’uomo, la sua storia e cultura e le sue capacità artigianali volte a creare vero valore aggiunto.


Per il Gruppo LEGA dei Ticinesi Cleto Ferrari

giovedì 17 febbraio 2011

Da Ticinolibero








Lunedì Giuliano Bignasca era ospite di Contesto, trasmissione della RSI La1. Martedì il Nano fa sapere, a quelli della RSI, che in Via Monte Boglia si incontra con Franco Lazzarotto, già vicepresidente del PLRT, popolare direttore delle scuole medie di Biasca, nonché ex presidente di Castellinaria.

Ed ecco scoperto l’arcano. Il nome che avrebbe potuto sostituire Giuliano Bignasca sulla lista della Lega era quello di Lazzarotto. E sarebbe stato un colpo ad effetto, da parte della Lega. Eclissata questa ipotesi, il Nano se l’è giocata tutta sul piano pubblicitario. Far sapere ai media della discussione fra Bignasca e Lazzarotto in Via Monte Boglia, in vista di un passaggio alla Lega di quest’ultimo, è un ottimo spot pubblicitario per il partito di Borradori.

Ormai sono mesi che i Bignasca (Giuliano e Boris) sono indaffarati in un’articolata campagna acquisti. Prima Paolo Sanvido (proveniente dal PPD), poi Cleto Ferrari (PS Ticino), e Rodolfo Pulino (Partito comunista). A giorni verrà ufficializzato (TicinoLibero è l’unico portale che l’aveva anticipato già qualche settimana) il passaggio di Giancarlo Seitz, che da ex PLRT (area radicale) poi diventato socialista, si appresta ora ad entrare nella corte del Nano. E adesso Franco Lazzarotto.

I Bignasca si sono mossi a 360 gradi per rafforzare la squadra. Ora ci manca solo che la Lega riesca a portare fra le sue fila Giovanni Cansani, ex municipale socialista di Lugano molto amato dalla sua base, ed ecco che la Lega diverrebbe la più forte.

Anzi, se ci è consentita una licenza di fantapolitica, il Nano potrebbe uscire dalla lista il 21 febbraio e farsi sostituire da un uomo che di numeri e cifre ne capisce molto come Alfonso Tuor, già responsabile dell’informazione della radio e delle pagine economiche del Corriere, ora “esiliato” in Cina. Questo, secondo noi, sarebbe un bel coup de théâtre, e garantirebbe matematicamente alla Lega il raddoppio in governo.

Ma lasciamo da parte la fantapolitica. Bignasca ha dichiarato che sarà proprio lui ad essere in lista. E a questo punto, probabilmente, se venisse eletto, lascerebbe al terzo più votato (Gobbi o Quadri) l’onore di affiancare Borradori in governo.

A prescindere da queste nostre speculazioni, la questione politica da mettere in risalto è un’altra. Oggi, la Lega è l’unico partito a riuscire a far campagna acquisti negli altri partiti. E non è scontato che un partito con un presidente a vita, dove non esistono particolari organi interni (congresso, comitato cantonale, direzione, …), riesca ad essere seducente nei confronti di personaggi politici di primo piano come Franco Lazzarotto o Giancarlo Seitz. La domanda da porsi è quella dello stato di salute dei partiti storici. Alcuni loro esponenti decidono di lasciarli, per andare alla corte del presidente a vita. Certo, qualcuno potrebbe dire che si tratta di arrivismo personale. E può anche essere, ma se qualcuno preferisce la Lega ai partiti storici, forse vuol dire che il livello di dialettica e di dibattito interno nei vecchi partiti non è chissà che cosa. Uno ragiona, e se è vero che nella Lega c’è un padre-padrone, è anche vero che gli altri partiti sono gestiti dai “clan” (sempre gli stessi da decenni), che decidono cosa fare, chi sostenere e quale nome isolare. C’è poi così tanta differenza?

La campagna acquisti della Lega mostra la debolezza e il declino dei partiti storici. Sempre più in mano ad una “cricca” (spesso mediocre), che funziona con criteri più amicali e fideistici che per meriti. Sempre più persone si allontanano dai partiti. E se anche il PS Ticino, nel 2007, decide di non candidare per il Consiglio di Stato un Sergio Savoia (preferendogli una Pelin Kandemir Bordoli), obbligandolo di fatto a migrare verso una formazione politica minore, come i Verdi, vuol dire che i socialisti non sanno riconoscere il talento, se non politico perlomeno di comunicazione politica. Stessa sorte era successa, qualche anno prima, a Brenno Martignoni, allora giovane esponente del PLRT di Bellinzona, che però non lo voleva come sindaco. La cittadinanza di Bellinzona invece sì. E l’elenco potrebbe continuare. Ora semplicemente Bignasca aggrega i nomi buoni che i clan che gestiscono i partiti storici decidono di isolare. In un mondo sempre più “liquido e decostrutto”, le segreterie dei partiti contano sempre meno.

E se qualcuno si soffermasse a riflettere sull’incontro fra Lazzarotto e Giuliano Bignasca, che si è tenuto martedì, e sulle dichiarazioni dell’ex vicepresidente PLRT quando dice che per lui ormai le cantonali sono un capitolo chiuso, forse dovrebbe interrogarsi perché Bignasca pensa di aggregare e “valorizzare” questo liberalradicale e il suo partito no. È chiaro a tutti che il Nano voleva nella lista per il Consiglio di Stato il direttore delle scuole medie di Biasca. Il PLRT di Gianora ci aveva mai pensato di “utilizzare” Lazzarotto come candidato per il governo?

La commissione cerca di Fulvio Pelli ed Edo Bobbià, ha mai tenuto in considerazione il nome dell’ex presidente di Castellinaria?

Tenuto conto che a lasciare è Gendotti, che guida il dipartimento della scuola e della cultura, era così strano candidare un nome che da una vita lavora nella scuola e che è statopresidente di una delle più importanti manifestazioni culturali di questo cantone? No, si è preferito puntare sullo sconosciuto Raffaele Tognacca, e poi su Marco Tela. Ma Tognacca e Tela cos’hanno fatto per il PLRT in più di Lazzarotto? E per il Canton Ticino? Certo, Lazzarotto è sopracenerino. E bisognava a tutti i costi mettere in lista Christian Vitta, giovane economista cresciuto “nell’arcipelago” della Fidinam (creatura di Tito Tettamanti). E Sergio Morisoli, uomo Credit Suisse, braccio destro di Marina Masoni, e voce liberista di Comunione e Liberazione. È così che i Franco Lazzarotto vengono sempre lasciati da parte. Ma forse, in questa campagna elettorale, avrebbe potuto dire qualcosa di non-generico e con cognizione di causa sulla scuola ticinese, che fino a prova contraria è la più grande “agenzia” formativa, culturale e di integrazione di questo Cantone.

Ma nei partiti storici non si è più considerati. E preso atto che nessuno ha criticato severamente la commissione cerca del PLRT per il lavoro svolto, non resta che cambiare casacca.

P.S.: il Corriere del Ticino di Giancarlo Dillena e Fabio Pontiggia ha pubblicato il suosondaggio elettorale, che da Morisoli eletto in governo. Non avevamo dubbi che il foglio di Muzzano riuscisse a prevedere l’elezione del ciellino liberista e la totale debacle della socialista Chiara Orelli, la candidata che più di altri si sta profilando sulla laicità. Quattro anni fa a Muzzano avevano messo in cantiere il foglio gratuito “Corriere buongiorno”. Oggi le ristrettezze economiche limitano il tutto ai sondaggi.

martedì 15 febbraio 2011

Bignasca: "Un muro tra il Ticino e l'Italia"

La provocatoria proposta del leader leghista contro l'emergenza dei clandestini che potrebbe presto colpire il Ticino

Iniziamo con quello che è il cuore del problema. Per dire che non saranno i poliziotti italiani a presidiare i porti tunisini per arginare il flusso migratorio, ma le stesse forze armate tunisine, "equipaggiate" anche con mezzi italiani. Lo ha detto il ministro degli esteri,Franco Frattini, poco prima di rientrare da Tunisi, al termine di un'altra giornata difficile sul fronte immigrazione. Il premier italianoSilvio Berlusconi ha parlato con il presidente del Consiglio europeo Van Rompuyconcordando l'opportunità di un vertice Ue. Il ministro dell'interno Roberto Maroni ha rinnovato le sue preoccupazioni, sottolineando l'urgenza di un intervento europeo. Berlusconi e Maroni saranno oggi insieme in Sicilia, dove anche stanotte è stato intercettato un peschereccio di migranti.

Bignasca vuole un muro

Dal Ticino si alza intanto una voce provocatoria, ma che rende l'idea su quelle che potranno essere le conseguenze anche dalle nostre parti della crave crisi nordafricana. Per frenare il flusso dei profughi dalla vicina penisola alla Svizzera - ha detto ieri sera il leader leghista Giuliano Bignasca ad un dibattito sulle elezioni cantonali sulla RSI - "bisognerà costruire un muro di cemento lungo tutta la frontiera con l'Italia".

Le Guardie di Confine sono pronte

L'Ufficio federale della migrazione è alla finestra. E le Guardie di Confine si dicono pronte a rafforzare la sorveglianza nella zona di Chiasso e in particolare alla dogana ferroviaria del San Gottardo. I primi effetti dell'ondata di profughi dovrebbe sentirsi tra circa una settimana. tio

INTERPELLANZA Lega dei ticinesi Gambarogno

GAMBAROGNO IL NOSTRO CASTELLO

ELETTI CONSIGLIO COMUNALE GAMBAROGNO